La storia del norvegese delle foreste

Ogni particolare morfologico del gatto norvegese è il risultato della selezione naturale e dell’adattamento alle difficili condizioni climatiche. 

Le grandi foreste della penisola scandinava, dove per sei mesi l’anno la temperatura scende a 20 gradi sotto lo zero, sono state lo scenario in cui si è formato lo “Skogkatt” o meglio, come il nome originale suggerisce, “NORSK SKAUKATT”, che significa “gatto dei boschi”. 

La lotta per la sopravvivenza al clima così rigido ha privilegiato i soggetti non solo più forti e agili, ma anche più furbi e intelligenti. 

La spiegazione biologica ( la più plausibile)dell’apparizione e la grande diffusione dei gatti dei boschi è che i loro antenati erano molto probabilmente gatti a pelo corto del sud Europa e si diffusero in Norvegia così come nel resto del continente in epoca preistorica. 

Attraverso la selezione naturale che ha funzionato tenendo conto delle differenti e così ostili condizioni climatiche della Norvegia, sono sopravvissuti solo gli individui con pelo fitto e altri adattamenti a questo ambiente gelido. 

Questi gatti da favola , protagonisti di molte storie raccontate tra i popoli nordici, compaiono anche nelle leggende vichinghe, secondo le quali, essi accompagnavano i marinai durante le navigazioni per proteggere le stive dagli assalti dei topi.

 Molti tendono a pensare che il gatto della favola “Il Gatto con gli Stivali” fosse un Norvegese delle Foreste. 

Non precisamente databile ne è una notizia che riguarda il Norvegese e riguarda le specifiche funzioni affidate ai gatti delle foreste dal governo danese durante i trasporti postali. Erano incaricati della protezione delle merci preziose, dei plichi e dispacci dalla sistematica distruzione dei topi. 

Bisogna arrivare al 1965 perché questi gatti, considerati “ufficiali postali”, siano cancellati dai registri governativi, come sui drakkar vichinghi. 

Intorno al 1220, Snorri Sturluson (poeta, storiografo, narratore di miti e leggende) scrisse l’EDDA, nel quale vengono citati dei grossi gatti a pelo lungo associandoli a due notissime divinità nordiche: Thor e Freya. 

Thor, il dio del tuono durante i suoi vagabondaggi dovette superare una prova di forza che consisteva nel sollevare un gatto molto grosso, talmente grosso che solo grazie al suo esagerato vigore riuscì nell’impresa. 

La bellissima Freya, dea dell’amore e della fertilità, viaggiava sul suo carro d’oro elargendo abbondanza e prosperità. 

Il suo carro era trainato da una coppia di gatti a pelo lungo maestosi e superbi. I gatti, uno bianco ed uno nero, rappresentano i due aspetti della notte che, nella crescita luminosa e nel buio declino della Luna, rispecchiano l’evolversi e il rinnovarsi della Natura; sono maschio e femmina poiché senza i due sessi non c’è la vita. 

Nella mitologia germanica, il dio Odino concede alla dea un potere illimitato su nove mondi, le nove sfere create dagli dei( nelle scienze medioevali, ritroviamo i nove piani delle stelle tra i quali è compresa la superficie della Terra). 

Nell’antico simbolismo, Freya vola con il suo tiro di gatti attraverso questi piani e lungo le strade di cristallo di sette pianeti per recarsi in tutti i mondi dove regnano l’amore e la vita. 

Freya, per il bene di tutti gli esseri viventi, regola i raggi del sole e la pioggia determinando la fertilità della terra.
Ancora oggi, nella credenza mitteleuropea, i gatti vengono collegati ai fenomeni atmosferici. 

La dolce Freya, signora dei nove mondi, era la protettrice delle nozze e, per ingraziarsela, la novella sposa doveva nutrire il gatto di casa con cibi particolari per essere certa del bel tempo nelle ore di festa. 

Anche il dono di un gatto era molto apprezzato dagli sposi quale precursore di dono celesti. Nella nuova casa i novelli sposi dovevano preparare una ciotola di latte fresco e se il gatto correva subito a berlo, era segno che nella casa vi era già uno spirito buono. 

Storia e classificazione

Il 1559 fu l’anno in cui Peter Clauson Friis, prete e naturalista danese che visse a lungo in Norvegia, classificò il Norvegese per la prima volta. 

Divise le linci in tre classi: la lince-lupo, la lince-volpe e la lince-gatto. 

Più tardi fu chiaro che tutte le linci norvegesi appartenevano alla stessa classe. 

Quello che Peter Clausson Friis chiamava lince-gatto era proprio il nostro Norvegese! 

Ancora oggi si riscontrano molte similitudini tra la lince e lo Skogkatt. Storia e letteratura. 

Questi gatti fanno tutt’ora parte della cultura e del folklore dei paesi nordici; raccolte di favole popolari che hanno come protagonista lo ”Skogkatt”, un gatto fata dai poteri straordinari, sono lette in tutte le scuole e sono considerate patrimonio letterario. 

Nel 1841 venne pubblicata l’opera “Favole popolari norvegesi” scritto da Asbjornsen e Moe. Nella collezione, poc’anzi citata, lo si trova numerose volte dove viene chiamato “Huldrekat” (“huldre”= ninfa del bosco). Nel glossario un “huldrekat” viene descritto come un gatto dei boschi con un coda spessa e folta. 

Nel 1912 l’autore norvegese Gabriel Scott scrisse un popolarissimo libro per bambini intitolato “Solvfaks” (= “Silver-fax”) il protagonista della storia è un gatto dei boschi chiamato appunto Solvfaks. 

Programma di allevamento: razza salvata da estinzione certa

Nonostante i meriti culturali, questi bellissimi gatti sarebbero scomparsi se alcuni appassionati gattofili non si fossero accorti del pericolo che incombeva sulla purezza della razza.

L’ampliamento suburbano che aveva, causato massicci disboscamenti, con conseguente alterazione dell’equilibrio ambientale, aveva spinto i gatti del foreste verso i centri urbani dando luogo ad un’inevitabile promiscuità con i domestici gatti a pelo corto. 

Questi incroci avrebbero portato in breve all’estinzione della razza per la dominanza dei caratteri genetici del pelo corto su quello lungo. 

L’interesse per la sorte del gatto nazionale cominciò ad accendersi nel 1943 quando fu pubblicato in Norvegia un libro intitolato “ I gatti , animali selvatici e amici domestici” nel quale si trattavano le basi per l’allevamento del norvegese, la ricerca di soggetti assolutamente puri diventò il punto fermo degli appassionati che lanciarono una vera e propria crociata per la salvezza della razza. 

Lo Skogkatt ha sviluppato caratteristiche uniche nel mondo felino. Con il tempo, l’allevamento selettivo ha solo esaltato le caratteristiche morfologiche naturali del gatto e ha voluto ridare alla razza un’originale identità. La selezione indotta, allungando il corpo, la coda e il muso, lo ha anche differenziato dalle altre razze come il maine-coon e l’angora turco con le quali veniva spesso confuso. 

Il Norvegese viene ufficialmente riconosciuto in patria alla fine degli anni ’30. 

Allora, l’Europa stava entrando in uno dei suoi periodi più travagliati, la II guerra mondiale, e anche lo sviluppo di questa razza non fu agevolato perché la chiusura delle frontiere, e la scelta di sottoporre a quarantena gli animali in entrata e in uscita dalla Scandinavia, impedirono la divulgazione e lo scambio di notizie su questi gatti. 

L’isolamento determinò un progressivo impoverimento del patrimonio genetico della razza, che negli anni ’50 subì un vero e proprio tracollo. 

Tuttavia solo verso gli anni ’70, con l’incombente pericolo d’estinzione (tra le cause l’estensione delle città e la diffusione dei gatti a pelo corto), furono messi a punto dei programmo di allevamento. 

I primi rappresentanti di quest’affascinante razza comparvero in esposizione nel 1969. 

Dovremo però aspettare il 1973, quando H.Nordane ed E. Runas della Federazione Felina Norvegese iniziarono il primo serio programma di selezione ed allevamento. 

Nel 1974 viene registrata al libro origine norvegese la prima coppia di nome Pippa e Truls di Else Nylund che dà vita ai primi cuccioli. 

Nel dicembre 1975, allevatori entusiasti fondarono il Nosk Skogkattring (Club dei Gatti delle Foreste Norvegesi) che decretò a questa meravigliosa razza un successo inaspettato. 

Ci si trovava, però, davanti a moltissimo lavoro per trovare gli esemplari adatti all’allevamento, assicurandosi che il pool genetico fosse abbastanza ampio per tenere la razza lontana dai rischi degli accoppiamenti tra consanguinei. 

Due anni più tardi, nel 1977, il riconoscimento ufficiale da parte della Federazione Internazionale(FIFE), gli assicurò la consacrazione nel mondo felino. 

Nel 1984 allevatori americani aderenti alla T.I.C.A. ( The International Cat Association) stabilirono lo standard di razza. 

Nel 1987 anche il C.F.A. (Cat Fancier’s Association) registrò il suo primo Norvegese e sei anni più tardi la razza venne riconosciuta ufficialmente e lo standard definito.